Venosa, terra di Orazio

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Venosa, terra di Orazio (parte prima) - Situata nelle vicinanze del monte Vulture in provincia di Potenza, fondata nel 291 a.C., è un vero e proprio "locus amoenus" dove si intersecano armoniosamente arte, cultura, storia, archeologia, letteratura. Chiunque entri a visitarla non può non subire il fascino di questa città permeata da un'atmosfera incantata.

Le grandi memorie storiche si riflettono sulle facciate dei palazzi, emergono dai grandiosi monumenti. Venusia, con la sua area archeologica, l'anfiteatro, la domus, le terme, il castello aragonese (sede del museo archeologico), è essa stessa un museo all'aperto. Il poeta classico Quinto Orazio Flacco, che ivi nacque nel 65 a.C., le conferisce lode e notorietà consolidando una tradizione letteraria che si perde nei tempi. Da vedere anche l'Incompiuta, l'Abbazia della Trinità, la Cattedrale e il Parco Archeologico di Notarchirico.

Il Castello di Pirro del Balzo. Fu Pirro del Balzo a finanziare la sua costruzione nel 1460 - 70, scegliendo come sito quello occupato dalla prima Cattedrale venosina. Furono allora innalzate parte delle torri cilindriche che segnano gli angoli della pianta quadrangolare e la murazione, mentre al tempo del vicereame spagnolo (1553) risalgono l'escavo del fossato, l'erezione dei bastioni e la loggia interna su pilastrini, e al XVII-XVIII secolo tutta l'ala nord-ovest.Dall'androne si accede al camminamento, una galleria seminterrata munita di feritoie e garitte. L'interno di questa è utilizzato in parte per il Museo archeologico nazionale , che contiene una scelta di materiali volti a connotare lo sviluppo storico della città e del territorio su essa gravitante dalla fase preromana al tardo impero e ai normanni; interessanti sono le ceramiche, la collezione numismatica, i mosaici pavimentali, le pitture parietali e le tipologie sepolcrali, cui si accompagnano, ormai in epoca paleocristiana, una croce-reliquiario dell'VIII-IX secolo. Dal cortile interno del Castello si sale al loggiato aperto al tempo della trasformazione del fortilizio in residenza; di qui si passa nella Biblioteca comunale e nei due saloni di rappresentanza, con volte dipinte da soggetti allegorici nel XVIII secolo.

QUINTO ORAZIO FLACCO (Venosa 65 a.C. – Roma 8 a.C.).Figlio di un liberto, Quinto Orazio Flacco nacque a Venosa nel 65 a.C.. Fu sostenuto e stimolato dal padre, che ne seppe cogliere in tempo le doti dell’ingegno e che volle che studiasse a Roma dove potè condividere l’educazione che era riservata ai figli delle classi privilegiate. Fu ancora il padre a fargli completare gli studi ad Atene, da cui si allontanò dopo la morte di Cesare, quando, seguendo il sentimento di avversione per la tirannia, si schierò dalla parte di Bruto entrando nel suo esercito. Giunse al grado di tribuno militare e prese parte alla battaglia di Filippi. Rientrato in Italia trovò casa e beni confiscati. Per sopravvivere , lavorò come scriba quaestorius, segretario del questore. In questo periodo si accostò alla poesia e conobbe Virgilio e Rufo. Questo incontro fu provvidenziale; essi infatti fecero da intermediari presso Mecenate, nel cui circolo erano già inseriti, e verso il 38 ebbero da Mecenate la promessa di un incontro con Orazio. L’incontro ci fu e, anche se per la sua timidezza non diede subito frutti, Orazio alcuni mesi dopo entrerà nell’entourage degli intimi di Mecenate. Nel 38 lo segue a Brindisi in occasione dell’ambasceria che Ottaviano gli aveva affidato: incontrare Antonio per rinsaldare l’accordo politico. L’Amicizia con Mecenate durò fino alla morte; morirono a breve distanza entrambi nell’8 a.C. Di questo lungo e caldo rapporto si trova frequente segno analizzando le opere, molte delle quali sono dedicate a Mecenate. Meno semplice fu il rapporto con Augusto; frequenti furono le recusationes davanti alle richieste di comporre poesia epica. Sembra che l’autonomia e la riservatezza di Orazio nei rapporti con Augusto siano state costanti. Fu anzi Augusto che ne stimolò talvolta una maggiore confidenza. Si sa con certezza che nel 25 aveva rifiutato il posto di segretario personale di Augusto.

IL PARCO ARCHEOLOGICO (e sullo sfondo l’Incompiuta). La unicità del caso di Venosa emerge dalle possibilità che questo centro offre avendo conservato una notevole parte dell'area urbanizzata in antico priva di edilizia moderna; il comprensorio della SS. Trinità, ricco di testimonianze di una continua occupazione dalla fase repubblicana romana all'età medioevale inoltrata, non ha infatti subito il traumatico inserimento della città moderna ed offre dunque un esempio rarissimo di stratigrafia urbana antica e medioevale indisturbata in un centro moderno. La particolare disponibilità di questa città a divenire un caposaldo nello studio dell'evolversi dei centri di fondazione antica e vissuti continuativamente fino ad oggi è altresì garantita dalla qualità delle testimonianze monumentali e dalla vasta gamma delle tipologie architettoniche conservate. I modelli degli impianti abitativi verificabili nella zona della SS. Trinità possono tradurre in chiave areale, e dunque completare, i documenti monumentali conservati a livello episodico e parziale negli isolati della città moderna; il rapporto tra gli spazi pubblici e privati nella stessa area-pilota può guidare l'analisi filologica del parcellario del centro storico; la presenza di impianti specialistici (anfiteatro, terme) è indizio del livello di monumenti che non potevano essere assenti in un centro la cui immagine era di massimo rilievo nell'ideologia della whanitas antica. Non diversamente la qualificazione architettonica dei monumenti ecclesiali della zona della SS. Trinità invita alla formulazione di problematiche anche nel campo delle testimonianze quasi sempre indirette di analoghi complessi, che altrove hanno lasciato brani monumentali riutilizzati o inglobati in successive superfetazioni, dalla Cattedrale al Castello. L'impianto termale, l'anfiteatro e il complesso ecclesiale della SS. Trinità costituiscono i momenti principali dell'itinerario archeologico, ma per evitare che si pongano quali episodi isolati nella lettura storica e topografica del comprensorio devono costituire le tappe del continuum della città. E in tal senso accanto al plafond del tessuto abitativo assume grande significato la maglia viaria antica che sarà sempre più con il procedere delle ricerche l'elemento di collegamento tra le varie aree del parco, individuando già di per sé il filo del percorso attrezzato secondo il concetto informatore di "capire una città percorrendo le sue strade".

LA CHIESA INCOMPIUTA si innesta sulla c.d. chiesa vecchia, in continuità con i muri perimetrali, mantenendone il medesi mo asse e le stesse dimensioni trasversali. È costituita da un corpo longitudinale, previsto a tré navate, con un ampio transetto sporgente ed absidato ed un coro molto profondo, circondato da un deambulatorio con cappelle radiali. In corrispondenza dell'attacco del transetto con il deambulatorio sono inserite due torrette scalari. Il corpo longitudinale presenta cinque colonne con grandi capitelli corinzi ed un pilastro polistilo all'incrocio con il transetto solo sul lato destro, mentre sul sinistro non furono realizzate neppure le fondazioni del colonnato settentrionale. Non fu mai realizzata la copertura. Cresciuta alle spalle della chiesa vecchia, l'Incompiuta resta l'unico caso visibile di un fenomeno che normalmente si doveva verificare quando si costruiva una chiesa nuova sul luogo di una più antica: generalmente si lasciava in piedi la prima, fino al momento in cui la nuova non era in grado di funzionare pienamente. Molto discussa la datazione del monumento, eseguito comunque in un arco di tempo piuttosto ampio, che va dall'età di Roberto il Guiscardo con l'arrivo di un gruppo di monaci direttamente dalla Francia (XI secolo), a quella di Ruggero II o di Guglielmo d'Altavilla, con influenza francese per il tramite della seconda ondata normanna di Sicilia (XII secolo). In realtà questo sistema planimetrico è una soluzione tipica dell'area francese, in cui le soluzioni particolari sono numerose, mentre in Italia si riscontra in pochi altri monumenti di età normanna, quali le cattedrali di Aversa e della vicina Acerenza, nei quali si intuisce però un impianto comune, attuato con modalità del tutto diverse. È lecito perciò pensare ad un architetto o protomagister importato dalla Francia nell'ultimo quarto dell'XI secolo, che si avvalse di maestranze e materiali profondamente radicati nella cultura locale.

In questo edificio, per esempio, l'Anfiteatro e tutti i monumenti della zona hanno fornito, come una cava, materiale già pronto per l'uso, al quale viene adeguata tutta la progettazione di dettaglio fatta sul posto. Anche la planimetria importata sembra trovare terreno fertile in schemi già sperimentati nella stessa area, come quelli del triconco e del deambulatorio

Eugenio Di Ciommo