Rodolfo Bonetto, il design nel sangue

Tra i maggiori esponenti del design industriale, Rodolfo Bonetto, con le sue creazioni, contribuì all'affermazione a livello internazionale del made in italy nel dopoguerra.

Rodolfo Bonetto designer - italiameravigliosa.org

Rodolfo Bonetto nasce nel 1929, il padre Piero era un disegnatore dei cataloghi della Siae Marchetti e pittore, lo zio Felice era un noto pilota di auto. Negli anni della gioventù Bonetto ascoltava la musica jazz e da autodidatta imparò a suonare la batteria. In breve tempo divenne uno dei batteristi jazz più conosciuti in Italia suonando nella orchestra della Rai e con nomi famosi come Gianni Basso, Oscar Valdambrini e Dino Piana formando il famoso Sestetto Italiano. Una passione crescente.

Si faceva strada però nel contempo un altro mestiere, grazie al padre che gli insegnò alcune tecniche di disegno. Rodolfo iniziò a disegnare automobili dalle linee inconsuete per quegli anni: si racconta che disegnava anche sulle "pelli" dei tamburi della sua batteria. Lo zio Felice nota i suoi disegni e li fa vedere ad alcuni carrozzieri torinesi come Viotti, Vignale, Boneschi e Pininfarina i quali restano impressionati per le linee che Bonetto ideava.

Nel 1958 decide di abbandonare la fortunata carriera di batterista jazz per dedicarsi esclusivamente al design.

Inizia a collaborare con la Veglia Borletti, disegnando strumentazioni per automobili per poi lavorare in molti e diversi settori industriali, a volte operando su prodotti per i quali normalmente non è richiesto l'intervento di un designer. Un esempio è lo straordinario rapporto con Olivetti che inizia nei primi anni '60 ed è particolarmente intenso e stimolante. Bonetto disegna le complesse e talvolta gigantesche macchine utensili a controllo numerico, trasformandole in oggetti eccezionalmente attraenti e gradevoli e per la prima volta con una particolare attenzione agli aspetti di sicurezza.

Rodolfo Bonetto, Autovox, Ala-Guzzini, tel-Urmet

"Operaio colto del design", come ebbe a definirlo Vittorio Gregotti, ha saputo coniugare la conoscenza delle tecnologie produttive e quelle dei materiali con una corretta ricerca formale.

È stato insignito di 8 Compassi d'Oro, di cui l'ultimo alla carriera professionale.

Degno di nota il suo contributo all'insegnamento del design industriale alla prestigiosa Hochschule für Gestaltung di Ulm allora diretta da Thomas Maldonado. E' stato membro di giurie nazionali e internazionali e ben 2 volte presidente dell'ADI, Associazione per il Disegno industriale, e dell'ICSID, Associazione mondiale del design, dal 1981 al 1983.

Bonetto è l'unico designer italiano che non abbia mai firmato progetti di architettura, da sempre esclusivamente interessato alla produzione.

Rodolfo Bonetto, Fiat Regata

Rodolfo Bonetto realizza circa 1000 prodotti tra i quali gli interni auto Fiat 131 Supermirafiori, Tipo, Croma, Y10, Punto, inoltre il telefono pubblico Rotor, scarponi da sci Nordica, televisori per Autovox e Voxson, Brionvega, la famosa autoradio Tanga. Molti degli oggetti disegnati da lui sono presenti nelle collezioni storiche di desgn dei principali musei nel mondo tra i quali il Moma di New York.

Il cambio generazionale
Nel 1984 il figlio Marco entra nello studio del padre per iniziare a lavorare con lui, gli anni che seguono vedono padre e figlio in contrapposizione sulla visione strategica dello studio, Marco convinto che lo studio Bonetto debba configurarsi come un centro di design sul modello americano, mentre Rodolfo contrario vuole continuare su un modello basato solo sulla sua figura di designer.

Nel 1991 Rodolfo Bonetto muore lasciando la conduzione della attività al figlio Marco che gradualmente trasforma lo studio Bonetto in Bonetto Design Center dotandosi anche di una modelleria interna per la realizzazione di modelli e prototipi.

L'evoluzione in management del design con l'espansione internazionale
Nel corso di questi anni Bonetto Design, guidata da Marco, sviluppa anche il design degli interni auto per Volkswagen, Audi, Lamborghini, McLaren, Bmw, Nissan e Subaru. Sviluppa inoltre il design delle cabine trattori Same Deuthz, macchine per caffè Rancilio, Mitaca, Gaggia e La Sanmarco, fascia pallet Siat, poltrone per aerei Aviointerior e molti altre tipologie di prodotti.

Nel 2006 Bonetto Design Center apre un ufficio a Pechino dove verrà sviluppato il design di numerosi luxury bus, molti dei quali negli anni successivi vinceranno il premio "The Best coach of the Year".

Oggi il pianeta Bonetto comprende, oltre a Bonetto Design Center, anche il premio Targa Rodolfo Bonetto e l'Associazione Rodolfo Bonetto Onlus. Marco Bonetto è anche direttore del Centro Stile freestanding Candy, membro del executive board ADI (Associazione per il Disegno Industriale) e docente presso l'Accademia di Brera Milano.

Bonetto Design dal 2018 apre un nuovo settore di attività per la personalizzazione degli interni auto luxury.

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Marco Bonetto, designer 35 ANNI DI DESIGN
di Marco Bonetto

Quest'anno spengo 35 candeline nel mondo professionale del design, ma forse sono anche di più perché sono nato in una famiglia dove la parola design e la sua cultura erano alla base delle innumerevoli cene che mio padre faceva a casa.
Tutto mi sembrava strano, quelle discussioni feroci su il design di una sedia piuttosto che di un'auto, ma quelle parole, per me giovane ragazzo, mi sembravano cosi banali e a volte incomprensibili, vedevo mio padre tornare dalle riunioni ADI (Associazione per il Disegno Industriale) di cui era presidente, arrabbiato, sfinito da battaglie che erano rivolte alla diffusione della cultura del progetto. Io pensavo solo alle auto, volevo diventare un pilota e correre nelle gare come mio zio Felice Bonetto.
Passano gli anni e senza abbandonare la passione per i motori rivolgo la mia attenzione verso il marketing e al management mi iscrivo alla Bocconi al corso di Economia e Commercio, lo frequento per 1 anno e capisco che quella non è la mia strada ma ancor di più non è la mia vocazione, inizio a correre in auto nel campionato italiano rally ma mio padre perentorio mi dice che oltre a giocare dovevo decidermi quale lavoro dovevo fare, Rifletto per un po di tempo e comprendo che la mia vita era nata e si svolgeva nel design, e una sera comunico a mio papà che volevo andare a lavorare con lui, onestamente ancora oggi non ho capito se questa notizia gli fece piacere o meno ma sta di fatto che alla mattina seguente mi presento da lui in studio pronto per contribuire con tutta la mia passione e dedizione.
Papà mi accolse abbastanza freddamente, mi indicò una stanzetta (deposito degli scarti di polistirolo espanso) come mio ufficio, passai i primi giorni a pulire e sgomberare le "macerie" da quella stanza e finalmente prendo posto alla mia scrivania, passano pochi giorni e papà mi comunica che dovevo passare circa un mese visitando i maggiori studi di design, architettura e centri stile delle aziende in Europa. Il viaggio e gli incontri vengono organizzati e parto per la mia prima avventura da solo all'estero. Questa esperienza la ricordo ancora oggi come straordinaria perché ebbi modo di incontrare e parlare con personaggi straordinari, da Norman Foster, agli Ove Arup, al capo del centro di design della Philips e tantissimi altri.
Nel 1991 un brutto male mi porta via papà, avevo 28 anni, la sensazione fu di cadere nel vuoto senza più lui che era la mia certezza di vita, nei giorni seguenti ricevetti numerose offerte di lavoro dai grandi amici di papà perché nessuno immaginava che io potessi decidere di continuare nella sua attività. La sua stanza rimase chiusa per una settimana, era come lui l'aveva lasciata prima di entrare in clinica, con i suoi appunti, la sua agenda con gli appuntamenti. Nessuno in studio aveva il coraggio di entrare finchè un giorno decisi di spostarmi nel suo ufficio, timoroso, imbarazzato mi sedetti alla sua scrivania senza spostare nulla. Da li senti una grande forza per supportarmi a continuare un cammino che non doveva finire li. Gli amici e tutte quelle persone che dicevano di esserlo facevano fatica a salutarmi e sogghignavano pensando che potessi farcela.....
Ma non vi voglio annoiare ulteriormente, perché alla fine sono qui dopo 35 anni di progetti, vittorie, delusioni, sono qui quando tutti dicevano che il figlio di Rodolfo Bonetto non sarebbe mai stato capace di continuare la strada intrapresa da lui, il mio cammino non facile e senza alcun aiuto mi ha portato oggi ad avere un "mondo" Bonetto che sono certo che mio papà non avrebbe mai immaginato potessi realizzare. Certo come tutti i figli le parole a volte dure dei padri le si comprendono molti anno dopo e come nel caso non si ha più la possibilità di dirglielo, ma lo voglio ringraziare per quello che mi ha insegnato e farmi perdonare per i tanti errori di gioventù che ho commesso. Oggi il brand Bonetto Design ha 61 anni di storia di cui 35 appartengono a ciò che ho realizzato. Tante aziende, tanti progetti hanno creduto in me e nel mio brand, poche persone mi sono state davvero vicine in questi anni e devo ringraziare di cuore l'arch Mario Maioli e l'arch Angelo Cortesi che hanno saputo consigliarmi nei momenti difficili della mia inesperienza professionale.
Ma questa breve storia che state leggendo (ci sarebbe da fare un libro) non vuole avere un sapore di nostalgia o di un punto di arrivo, anzi per chi mi conosce bene io mi volto raramente e ho la mia mente sempre proiettata verso il futuro e quindi i sogni, gli obbiettivi sono ancora tanti.
Per chi come me ha il design nel sangue sa benissimo che noi non conosciamo la parola fine, ci consideriamo degli "Higlander" gli ultimi immortali che credono nella bellezza e continuano attraverso le loro mani a cercare di migliorare il mondo, a volte realizzando i sogni delle persone e a volte migliorandone la qualità della loro vita, ho ancora tanto da fare con la Bonetto Design, la Targa Rodolfo Bonetto, l'Associazione Rodolfo Bonetto onlus, la formazione dei futuri designers (prossima sorpresa) e l'Adi. Un grazie di cuore per chi mi è stato vicino in questi anni, al mio team di lavoro e a quelli che hanno lavorato in passato con me, e a voi che avete dedicato il vostro tempo a questa lettura.

Marco Bonetto