Il paradiso perduto del piccolo imprenditore

Una volta (a dire il vero pochissimi anni fa) un piccolo imprenditore o, più esattamente, un artigiano o un commerciante che avevano raggiunto un discreto successo presso la clientela, si recavano presso la loro banca.

Difficilmente ne avevano più d'una e chiedevano un piccolo finanziamento o un mutuo per espandere la loro bottega, il loro magazzino, o il loro parco veicoli (magari un paio di Ape Piaggio) e, se erano bravi o anche solo volenterosi, potevano sperare di fare qualche soldo in più pur sobbarcandosi i costi finanziari dell'espansione (di qualche punto al massimo superiore al tasso interbancario).

Le banche italiane non sono mai state particolarmente dinamiche (anzi ricorreva spesso la battuta che in America finanziavano le idee mentre a casa nostra finanziavano solo le mura), tantomeno dinamici risultavano i mediocrediti regionali, ma alla fine chi lo meritava un po' di credito lo otteneva, meglio se supportato dalla raccomandazione di qualcuno che contava nella società civile.

Oggi l'aria è cambiata: le banche hanno creato dovunque (anche nei quartieri periferici) il loro centro imprese e i funzionari che vi lavorano non hanno alcuna autonomia decisionale: devono inserire i dati nel sistema e ottenere (raramente invero) una delibera di fido, con l'avvertenza che in molti casi il tasso da essi richiesto corrisponde alla soglia del tasso d'usura oppure a una ventina di volte il livello del tasso interbancario.

Dunque è diventato difficile o impossibile chiedere credito, bisogna farlo scrivendo un piano industriale (anche se si tratta di una farmacia o di una pensione Bed&Breakfast) e sobbarcandosi un tasso che può azzerare il vantaggio a tentare di crescere, nonostante i tassi interbancari siano oggi quasi a zero.

Perdipiù i rischi legati al credito di fornitura sono saliti alle stelle e molti fornitori, viceversa, proprio a causa dell'andazzo generale, chiedono di essere pagati per contanti o con fideiussione. Senza contare che Equitalia, il mostro che in Italia prescinde da leggi, privacy e possibilità economiche, non appena alzi la testa ti prende di mira e inizia a chiedersi in quale modo stai evadendo il fisco.

Poi intervengono INPS, ASL e uffici vari regionali, privinciali e comunali a fare la loro parte per scoraggiare le iniziative, senza pensare che c'è anche l'Ufficio del Lavoro che è pronto a scoraggiare l'assunzione di chiunque con balzelli, leggi e regolamenti, tantomeno se si tratta di un giovane apprendista.

Si, quasi quasi il piccolo artigiano o commerciante o albergatore se ha capacità e idee fa prima a lasciar perdere o, come fanno in tanti, a varcare i confini nazionali per trovare altrove un ambiente più consono alle sue qualità.

Qualche anno fa esisteva soltanto l'Agenzia delle Entrate, i fornitori spesso erano i primi venture capitalists dell'artigiano più bravo degli altri, le banche erano edifici abitati da gente con cui si riusciva anche a parlare, gli uffici pubblici erano nel computerizzati ma anche meno burocratici e gli apprendisti, se li facevi apprendere un mestiere, ti ringraziavano anche!

Oggi l'Italia affoga anche grazie al fatto che fare impresa è diventata un'impresa, ma nessuno ne parla in campagna elettorale!

Stefano L. Di Tommaso, La Compagnia Finanziaria Spa