Il destino dell'euro

L'Europa rimane al centro delle preoccupazioni dei mercati finanziari di tutto il mondo. Purtroppo la questione Europea non è una crisi di fiducia, come Merkel, Sarkozy, Berlusconi e company continuano a dirci. E' strutturale. Sotto il cappello comune dell'Euro c'è troppo debito pubblico. E fino a quando le questione del debito pubblico non sarà affrontata, i problemi non saranno risolti.

Non è una novità. La cosa che deve ancora essere ancora assorbita dai mercati è che il costo del salvataggio dell'eurozona è probabile che vada dai 3 trilioni fino ai 6 trilioni (suggeriti dal Boston Consulting Group) di €.3 o 6 trilioni di € (e non è una differenza da poco) sono un numero di inconcepibile portata.

La Grecia vorrebbe cancellare il 50% del suo debito detenuto da privati, ma non quello dovuto al FMI, alla BCE, o altri enti pubblici. Questo significa però arrivare a un taglio massimo del 20-30% sul debito totale. Forse invece dovrà cancellare una cifra vicina al 90% del debito: un numero sufficiente da a causare una grave crisi bancaria mondiale.

Il Portogallo avrà bisogno di defalcarne almeno un 40% (e probabilmente di più!).

Gli irlandesi stanno camminando verso la crisi del loro sistema bancario.

Mentre sulla carta la Spagna sembra che possa sopravvivere, in realtà ha notevoli problemi nel settore bancario che ha sostenuto il suo debito pubblico e il mercato immobiliare.

Se questi paesi si muovono per garantire la solvibilità delle loro banche, i loro debiti pubblici (che crescono ogni mese) e i loro deficit di bilancio diverranno ingestibili, anche se essi giurano di ridurli.

Il disavanzo pubblico Spagnolo è probabile che arrivi ad almeno il 7% l'anno prossimo, ben al di sopra dell'obiettivo del 6%. La disoccupazione in Spagna è al 21%, e per i giovani è superiore al 40%.
Il governo Spagnolo ha adottato l'idea piuttosto romanzesca che anche se non riesce a pagare i suoi conti, il suo deficit non risulterà poi così grande. Ma i tassi del debito Spagnolo sono arrivati a quelli del debito italiano.

E poi c'è l'Italia, semplicemente troppo grande da salvarla dall'esterno.
Berlusconi se n'è andato, ma non era il vero problema. Il problema è che quando il debito è al 120% del Prodotto Interno Lordo e cresce stabilmente del 5% l'anno, è normale che il rendimento a 10 anni dei titoli di stato superi il 7% (cioè lo spread con la Germania sia di 5 punti).

L'Italia se non inventerà qualcosa di importante, dovendo adottare misure fortemente recessive, potrebbe andare a breve in profonda recessione, e questo renderà il problema peggiore.
Un calo del Prodotto Interno Lordo mentre il deficit di Stato aumenta significa che il rapporto debito/PIL aumenterà ancora più rapidamente. Conseguentemente anche i tassi d'interesse aumenteranno velocemente. Il mercato internazionale stima che in pochi anni l'Italia si trovi il debito al 150% del PIL se quest'ultimo non scenderà troppo.

In Italia il deficit è al 4,6% del PIL: quasi come la Germania che è al 4,3%. Ma la differenza è il debito. Senza un ritorno dell'economia ad una crescita impetuosa (controcorrente rispetto a tutto il resto del mondo?) non esiste altra soluzione che il default di Stato, e i mercati dicono: "Abbiamo già visto questo film e il finale non ci piace. Pensiamo di andarcene all'intervallo".
L'unica ragione per cui i ad oggi i rendimenti italiani sono sotto al 7% è che la Banca Centrale Europea ha comprato il debito Italiano in grande quantità. Lo stop della BCE nell'acquistarlo farebbe si che i rendimenti dei titoli di Stato italiani arriverebbero a quelli dei titoli greci. Inoltre l'Italia avrà bisogno di raccogliere qualcosa come 350 miliardi di € quest'anno, tra nuovo debito e rifinanziamento di quello in scadenza. E i tassi più elevati metteranno ancora più pressione sul disavanzo.

Il debito, sia che afferisca a un individuo, una famiglia, o un paese, ha sempre un limite: non può crescere oltre la capacità di rimborso. Quando questo limite viene raggiunto, deve essere ristrutturato in qualche modo, sia attraverso condizioni migliori o con il default. L'Europa mediterranea semplicemente ha preso in prestito più di quanto poteva pagare. E ora come lo affronta?

La soluzione migliore sarebbe far crescere l'economia più velocemente della crescita del debito così che nel tempo il servizio del debito diventi proporzionalmente più piccolo.
Ma l'Europa meridionale si illude e non sembra avere davvero strumenti per giocarsi questa opzione.
Certamente non la Grecia, il Portogallo o la Spagna.
Finora la produzione Italiana è scesa del 4,8%, il PIL non è cresciuto.
Se avverranno dei miracoli si vedrà.

In Europa poi anche la Germania sta scivolando in recessione.
Vorrebbe far tagliare il deficit dei paesi problematici in Europa attraverso l'austerity e farli arrivare a consumare soltanto secondo le loro effettive possibilità.
Ma quando un paese è in recessione e deve fare dei grossi tagli, questi rendono la recessione ancora peggiore.
Chiedete alla Grecia di tagliare il suo deficit del 4% l'anno per i prossimi 4 anni, per portare il suo bilancio in pareggio l'economia della Grecia si contrarrà di almeno il 10%, se non di più. Le entrate fiscali si restringeranno, rendendo il deficit peggiore. Come si fa a chiedere alle persone di entrare volontariamente in una lunga depressione economica in modo da salvare l'Euro e le banche?

Ma anche se la Grecia lascia l'Euro subirà una grande depressione. Nessuno gli presterà del denaro per anni.. Le banche risulteranno a loro volta insolventi, i fondi pensione distrutti.. La capacità di acquistare materie prime (come petrolio, medicinali, ecc.) sarà limitata alla quantità di beni che potrà produrre e vendere. I dipendenti del governo saranno costretti a lasciare i loro posti di lavoro, poiché non ci saranno soldi per pagarli. I pensionati otterranno una frazione di quello che gli è stato promesso. Tornare alla dracma sarà doloroso quanto restare nell'Euro.

L'Europa sta dimostrando il fallimento del social welfare? C'è qualche ragione per dirlo. Ma non è la causa della crisi del debito. Si può avere uno stato sociale senza debito, se si è disposti a mantenere un budget ragionevole. Come i paesi scandinavi.
E possono esistere paesi che anche senza un eccessivo benessere sociale possono avere problemi di debito pubblico. Accumulare grandi quantità di debito è un'indole: voler spendere oggi per beni e servizi e pagare per loro in futuro.

Ma il debito ha le sue regole. Usato correttamente, può essere di grande beneficio. È necessario per costruire case, strade e infrastrutture.
Ma non può diventare un modo per pagare la spesa corrente. Paesi come Portogallo, Irlanda, Spagna, Grecia e Italia ora si sono imbattuti nell'impossibilità di ottenerne ancora a livelli di costo sostenibili.

La soluzione più facile sarebbe quella suggerita dalla Germania: tagliare le spese di Stato, il welfare e le rendite. Può essere, ma non senza conseguenze: ciò andrà dritto a ridurre il Prodotto Interno Lordo.
L'Irlanda, un paese di 4,2 milioni di persone, ha appena pagato quasi € 1 miliardo per assumersi i debiti delle banche che sono fallite. Ed è stato estremamente impopolare in Irlanda. Non passerà molto tempo prima che questo o il prossimo governo Irlandese dica semplicemente "basta!" .
A meno che gli Irlandesi non rinegozino il proprio debito, dovranno pagarne gli interessi per decenni. Il debito delle banche irlandesi verso banche Europee, che era privato è ora divenuto debito pubblico.

In ciascun paese il problema del debito sovrano deve essere prima o poi affrontato, direttamente o indirettamente.
La Commissione Europea sta cercando di capire come trovare 1 trilione di Euro per salvare l'Europa meridionale e l'Irlanda. Fino ad ora non c'è riuscita.
Il mercato sa questo e anche che le esigenze sono in realtà molto più ampie. I leader Europei non sanno (almeno pubblicamente) dove trovare i 3 trilioni di Euro.
Ma anche se riuscisse a "trovare" un altro paio di trilioni, il debito sotto il cappello comune dell'Euro dovrà essere ristrutturato o ci sarà un default.
I legislatori Europei hanno permesso alle loro banche di sfruttare fino al rapporto di 450 a 1 il loro capitale, sulla teoria che le nazioni sovrane in un illuminata Europa non risulteranno mai inadempienti.

Le banche perciò hanno preso a prestito e investito massicciamente in titoli del debito pubblico. E' stata una macchina infernale per fare soldi senza rischi. Fino a quando la Grecia non è diventata un incubo. Anche se si è investito solo il 4% degli assets della banca in debito greco, se ciò è più del capitale è bancarotta.
Le banche Irlandesi hanno investito nel settore immobiliare irlandese che era in bolla. E sono andate in bancarotta.
Le banche spagnole hanno ancora più pesantemente sfruttato il settore immobiliare, ma devono ancora contabilizzare il vero valore dei loro assets. Stimano che perderanno circa il 15%, invece del 50% che pensa il resto del mondo.
Si può farla franca per un certo tempo se si possiedono le agenzie che fanno stime dei valori immobiliari, come le banche spagnole.
Ma la maggior parte delle banche europee sta per andare in bancarotta nel vecchio stile: l'acquisto di debito pubblico. In qualunqe modo vogliamo guardarle, hanno contratto un indebitamento dissennato per comprare titoli di debito pubblico.

La Francia a sua volta non può permettersi di salvare le sue banche con il bilancio pubblico.
Si è visto nelle ultime settimane: rischia di perdere il rating AAA, come un prematuro comunicato stampa di S&P ha suggerito. È stato smentito ma i più l'hanno ritenuto un tentativo di sondare il mercato.
La Francia cercherà di pretendere che la zona euro sia salva e anche le sue banche, e questo significa che richiederà l'intervento della BCE. Se la Francia ottiene un tale accordo, anche l'Italia e l'Irlanda saranno in lista. Ma la BCE può sostenere tutto questo?
Si, ma solo se si metterà a stampare moneta.

E questo riporta al problema tedesco-europeo : gli squilibri commerciali in Europa, dove la Germania e pochi altri esportano e il resto d'Europa acquista, e poi il fatto che il costo del lavoro in Germania è molto più a buon mercato su base relativa rispetto a quello della Grecia o del Portogallo e della maggior parte del resto d'Europa.
I lavoratori tedeschi hanno visto una limitata crescita del loro reddito, mentre il costo del lavoro del sud Europa è salito di oltre il 30%.
C'è una regola di base in macroeconomia: è possibile ridurre il debito dei privati oppure il debito pubblico o ancora il deficit commerciale; ma si può fare al massimo solo due delle tre cose contemporaneamente.

La Grecia gestisce un enorme deficit commerciale e sta cercando di ridurre il debito pubblico. Quello privato (preso in prestito da imprese e dei consumatori) è stato forzatamente ridotto dalle banche sono in piena ritirata.
La Grecia dovrà perciò subire una forte riduzione del suo costo del lavoro per ridurre il suo disavanzo pubblico. E la gente non lo potrà accettare.

La Germania vorrebbe che il resto d'Europa si comporti come i tedeschi, con l'eccezione che anche gli altri paesi vorrebbero continuare a comprare prodotti tedeschi e a far correre il deficit commerciale, mentre la Germania esercita il suo modello virtuoso di prosperità.

Un decennio fa, prima dell'Euro, un paese europeo poteva svalutare la sua moneta e aggiustare il valore relativo del costo del lavoro in quel modo. Ma con una moneta unica non esiste un meccanismo di regolazione diverso da quello di ridurre la retribuzione o avere un ampio livello di disoccupazione, il che si traduce comunque in salari più bassi.
In sostanza, la parte meridionale dell'Europa è finita in una strana specie di "gold standard", con l'Euro che con il suo forte peso ha preso il posto dell'oro quale standard fisso. E gli adeguamenti sono dolorosi.

Non ci sono risposte facili se si rimane con l'Euro. E il lasciarlo così è un incubo.

Come si risolve il problema dell'Euro? Ipotesi:
A) I Tedeschi (e gli Olandesi e i Finlandesi, etc.) possono semplicemente prendere il loro surplus di esportazioni, il denaro proveniente dalle loro tasse e il risparmio presente nei loro paesi e usarlo per pagare il deficit della zona del sud Europa fino a quando sono portati sotto controllo. Come dire: unione politica e nazionale costi quel che costi.
Ma non è probabile. Oppure possono tentare di salvare tutte le banche. Non solo le proprie ma in tutta Europa, poichè senza un sistema bancario in piedi gli acquirenti europei dei loro beni e servizi non riusciranno a pagarli. Poichè il conto può risultare salato e maggiormente sulle spalle dei paesi ricchi, questa sembra essere una politica destinata al fallimento.
B) I paesi europei che hanno problemi di sostenibilità del debito pubblico possono effettuare riequilibri autonomi estremamente dolorosi, tagliare i loro deficit, ed entrare inevitabilmente in una depressione di lungo periodo. Ma anche questa sembra essere una politica destinata al fallimento perchè non risulterà accettabile per le sue vittime.
C) La zona Euro potrebbe cancellare una sufficiente quantità di debito per far sì che i vari paesi in crisi possano tornare verso una condizione di normalità nella quale riprendere a funzionare, nazionalizzando le banche che detengono il debito pubblico, il che porterebbe velocemente l'Europa verso profonda recessione. Questo sarebbe possibile se i leader europei fossero in grado di farlo, ma sembra essere molto improbabile.
D) Alcuni paesi potrebbero lasciare la zona Euro. È possibile ma si devono perdere anche i benefici che provengono dal mercato comune. E il caos che ne
deriva ricadrà su tutto il mondo.

La cosa curiosa è che ciascuno dei percorsi (o anche una combinazione degli stessi) provocherà crisi bancarie, caos e recessioni di lunga durata. Non sono piacevoli. Ma tutte le opzioni presuppongono che la BCE rimanga fedele al suo nucleo forte proveniente dalla Bundesbank. Il che porta alla vera alternativa.

L'impegno dei leader europei per restare in un'Europa unita sembra oggi molto forte. L'estabilishment politico probabilmente farà tutto quello che può (o che può raccontare meglio ai suoi elettori) per mantenere in piedi l'Unione Europea e in ultima analisi sè stesso.

Però c'è troppo debito nei paesi del sud Europa e persino la Francia è a un passo dalla crisi. Se perde il massimo rating allora ogni soluzione dell'European Financial Stability Forum sarà insufficiente per supportarla, date le dimensioni della sua economia.Le banche e il sistema bancario europeo sono effettivamente insolventi. Ci sono inoltre squilibri commerciali così ampi nell'eurozona che è quasi impossibile tornare a farne crescere i paesi più deboli per ridurre i loro problemi.
Il percorso con minor difficoltà è che la BCE ritrovi perciò la sua macchina di stampa come ha fatto in passato la Federal Reserve americana. Oggi sta temporaneamente tenendo in piedi il sistema comprando debito sovrano, ma in realtà non può continuare all'infinito e lo sta solo "sterilizzando", parcheggiandolo, mentre -con il solito ritardo- alla fine arriverà a stampare più Euro per compensare gli effetti restrittivi di ciò sulla base monetaria europea.

Ma la ricchezza reale per risolvere la crisi manca. Per la BCE stampare più moneta, in quantità sufficiente significherà abbassare necessariamente il valore dell'Euro e rendere le esportazioni più competitive. Cosa che darebbe al sud Europa la possibilità di crescere e uscire dai suoi problemi, ma cui ovviamente i tedeschi si oppongono con veemenza, in quanto va contro il loro interesse e anche contro i loro principi di rigore.

La scelta è stampare più denaro o lasciare che l'eurozona si deteriori. Non esistono altre soluzioni, a parte una massiccia austerity, che sarà infelicemente accettata da molti paesi europei, insieme con la nazionalizzazione delle loro banche come sopra descritto, i quali lo accetterebbero assai malvolentieri e forse abbandonerebbero l'Euro.

Per questo la pistola dei mercati puntata alla testa farà si che la BCE alla fine su convinca a stampare più denaro, ma non senza mugugni tedeschi e magari con una riscrittura del trattato europeo affinchè la Germania possa accettarlo. La scelta è tra un Euro con un valore molto più basso o uno che non è molto diverso da quello attuale, però con un certo numero dei paesi europei che lo hanno lasciato. Non sono scelte buone o facili.

Un Euro che vale meno significa minori esportazioni per gli Stati Uniti e per i mercati emergenti verso l'Europa (l'Europa è il principale cliente della Cina!) più competitività da parte degli europei e minore potere d'acquisto degli stessi. Sarà allora l'inizio di questioni commerciali molto serie e se a ciò si aggiungerà il crollo dello yen giapponese, ci saranno guerre valutarie e protezionismo.

Euro resti in alto oppure in basso, con noi o senza di noi, le prospettive generali risultano piuttosto oscure!

Stefano di Tommaso
La Compagnia Finanziaria Spa