Crespi d'Adda, archeologia industriale tra utopia e realtà

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A meno di un'ora da Milano, nei pressi di Capriate San Gervasio (Bergamo) sulla sponda del fiume Adda, sorge Crespi d'Adda: un villaggio operaio voluto dalla famiglia di industriali Crespi, attivi nel mercato del cotone, che a fine '800 volle istituire un moderno Villaggio ideale del lavoro, che migliorasse le condizioni di vita dei lavoratori, proprio accanto al cotonificio di famiglia.

Villaggio Crespi d'Adda

La fondazione si fa risalire al 1877 ad opera del bustocco Cristoforo Benigno Crespi. L'idea fu quella di affiancare agli stabilimenti un vero e proprio villaggio che ospitasse gli operai della fabbrica di tessitura e le loro famiglie. Il villaggio era dotato di tutte le comodità. Oltre alle villette delle famiglie operaie (complete di giardino ed orto), e alle ville per i dirigenti (che vennero costruite in seguito), il villaggio era dotato di chiesa (copia identica, ma più piccola, del Santuario di Santa Maria di Piazza di Busto Arsizio), scuola, cimitero, ospedale, campo sportivo, teatro, stazione dei pompieri e di altre strutture comunitarie. Il cimitero di Crespi d'Adda è dominato dalla tomba della famiglia Crespi, costituita da una piramide in fondo ad un lungo viale alberato. Le tombe più ricche sono quindi disposte intorno a questo imponente mausoleo, mentre quelle più semplici, segnalate da croci di pietra, sono più distanti, come concreta memoria della stratificazione sociale della comunità che qui vi riposa. Il cimitero è circondato da un muro circolare che racchiude in sé tutte le tombe e che vuole simboleggiare l'abbraccio della famiglia Crespi a tutti gli operai del villaggio.

Assetto urbanistico

L'assetto urbanistico del villaggio è caratterizzato dalla presenza della fabbrica, che si sviluppa lungo l'asse viario principale, occupando la zona occidentale affacciata sull'Adda. Accanto alla fabbrica si trova la villa padronale di stile neomedievale che, con la sua torre, si erge maestosa ed imponente sopra la borgata. Le case del medico e del cappellano, poste a nord dell'abitato, sono separate dal resto delle abitazioni e sorgono su un'altura, quasi a sottolinearne il primato morale e spirituale sopra ogni altro interesse. La chiesa, le scuole, il teatro e quasi tutti gli altri servizi sociali messi a disposizione dalla famiglia Crespi, sono disposti nella parte centrale del villaggio, attorno al quale si sviluppano le lunghe file di case operaie ben allineate, divise da orti e giardini. Gli isolati di case sono separati da una maglia regolare di strade parallele, forse ad indicare l'importanza dell'ordine e del rispetto delle cose che Crespi voleva trasmettere ai suoi lavoratori.

la Villa-Castello a Crespi

Un posto come questo non poteva che suscitare interesse e curiosità nella fantasia di scrittori e registi. Citando solo i casi che più famosi, Crespi è stato utilizzato in questi anni in "Magia Rossa", di Gianfranco Manfredi (il cimitero di Crespi D'Adda è luogo di una spaventosa resurrezione in massa di "zombie-operai"); in "Breve storia di lunghi tradimenti", di Tullio Avoledo, (il paese è lo scenario di uno dei passaggi chiave del romanzo, simbolo a metà tra un mondo oramai passato e uno nuovo, forse peggiore, in arrivo); in "Memorie di Crespi D'Adda", che racconta la storia del paese non dal punto di vista architettonico/urbanistico, bensì da quello degli ex dipendenti delle fabbriche locali.

I capannoni in stile inglese

Questo luogo rappresenta un'utopia, una vera e propria cittadina completa costruita dal nulla dal padrone della fabbrica per i suoi dipendenti e le loro famiglie: oggi, Crespi d'Adda è una ricca testimonianza della memoria industriale di oltre un secolo fa. Sicuramente è l'esempio di villaggio ideale meglio conservato in Europa, tanto da essere diventato un sito protetto dall'Unesco , patrimonio dell'umanità, definito simbolo significativo del fenomeno dei villaggi operai, il più completo e meglio conservato del Sud Europa. Altri esempi importanti sono visibili a Vicenza (Villaggio operaio di Schio), in Francia (Saline Reali di Arc-et-Senans), in Germania (Villaggio Fuggerei di Augusta) e in Inghilterra ( Villaggio di Saltaire). A Crespi le case degli operai sono ancora abitate, ma è possibile visitare, come in un museo di archeologia industriale (ma anche sociale), gran parte degli edifici che lo compongono.

L'ingresso della fabbrica

Crespi d'Adda è, infatti, ancora una realtà vivente. Chi vi arriva, si accorge subito d'essere in un luogo speciale, un posto dove il tempo si è fermato. «Il Villaggio offre con la sua storia, con le sue case, la sua fabbrica e il suo fiume, la possibilità di ritornare indietro al suo tempo, quando la famiglia Crespi seppe dare vita ad una città ideale del lavoro, ove coniugare le esigenze degli operai con quelle dell'imprenditore. Visitare Crespi d'Adda significa osservare da vicino una vera e propria realizzazione di città modello, strettamente legata ai richiami delle utopie urbanistiche del diciannovesimo secolo, nonché un'autentica testimonianza della "rivoluzione industriale". Osservare il Villaggio aiuta a capire il significato e l'importanza delle realizzazioni sociali e abitative che gli industriali illuminati realizzarono per contenere i disagi che la nascente industria creava, per favorire un lavoro più proficuo e una vita più serena per le comunità di operai e le loro famiglie». (Pedroncelli, Marco. Visitare Crespi d'Adda, villaggio operaio di fine Ottocento, Associazione culturale Villaggio Crespi, 2004).

La visita a Crespi d'Adda è certamente un'esperienza positiva sia dal punto di vista paesaggistico sia da quello storico. Però esiste da tempo un problema evidente, sul quale è giusto soffermarsi : lo stato d'apparente abbandono nel quale versano alcuni edifici di Crespi d'Adda, specialmente i cosiddetti Palazzotti. Al loro interno presentano un aspetto desolante: pareti scolorite, intonaci scrostati, impianti elettrici fatiscenti per tacere delle inferriate alle porte, collocate da condomini, resi insicuri dall'imperversante criminalità. Questa situazione è già stata denunciata piú volte dalla Parrocchia SS. Nome di Maria, in una sua pubblicazione, intitolata Crespi d'Adda, il villaggio operaio ideale: "La Comunità del villaggio, testimone amareggiata e impotente di fronte a distratte inadempienze o pelose attenzioni, si interroga e interroga, quantomeno su un punto cruciale: la politica di tutela sin qui perseguita è corretta e, concretamente, è valida a salvaguardare il villaggio, l'ambiente e la vita? Degrado urbanistico, distrofia demografica e caduta del livello generale inducono a dire di No. E inoltre - altra domanda - è onesto e producente addossare, interamente e unicamente, ad un piccolo comune qual è Capriate San Gervasio, l'onere di assicurare al sito di Crespi d'Adda un livello degno della tradizione e dell'alta dichiarazione dell'Unesco?". Nell'attesa che sia data una risposta a queste domande e che gli odierni problemi di Crespi d'Adda siano risolti, il villaggio dovrà continuare a rimanere "vivo" e tutti gli abitanti, insieme alle istituzioni, dovranno trovare le modalità per mantenere nel villaggio il senso di comunità.

Centrale idroelettrica Taccani

Una delle sfide del futuro dovrà essere quella di creare iniziative sociali e culturali all'altezza del valore del sito e del suo paesaggio: un luogo di così grande importanza storica, architettonica, sociale e ambientale è in grado di interessare sia il grande pubblico di estimatori e appassionati che le istituzioni d'ogni grado, nel loro complesso pronti a intervenire in difesa della sua bellezza. È proprio quello che hanno iniziato a fare le associazioni di Crespi che si sono riunite in un comitato e hanno sollecitato Provincia, Regione, Soprintendenza e Ministero, con il compito di affiancare il comune nella gestione di Crespi. Per il futuro inoltre, l'amministrazione comunale sta puntando fortemente su una "produzione culturale", attraverso il possibile insediamento di poli scolastici di livello universitario, poli tecnologici e di ricerca.

Villaggio Crespi d'Adda

Uno sviluppo legato al turismo culturale potrebbe dare al villaggio maggiore autonomia amministrativa, capace di liberare le risorse e il desiderio della popolazione locale di migliorare il proprio ambiente di vita, affrontando la sfida per costruire un efficace sistema di turismo sostenibile. Il futuro potrebbe e dovrebbe essere quello di vedere un luogo dove abita una comunità vivace socialmente e culturalmente, un villaggio che sa tutelarsi e valorizzarsi, un luogo dove abitanti e turisti possano incontrarsi e confrontarsi serenamente, un luogo all'altezza del suo valore e in grado di essere nuovamente all'avanguardia.

Livia Borile