Gallura a fil di cielo

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Nonostante io non possa più tenere il conto degli anni in cui ho passato le mie vacanze estive nell'antica terra di Gallura, ancora oggi questa aspra e generosa regione sarda riesce a stupirmi, esattamente come quando giovane studentessa universitaria insieme agli amici genovesi appassionati di arrampicata libera del Club Alpino Italiano, abbiamo scoperto questo mondo.

Un mondo fatto di rocce di granito incredibilmente sagomate dal vento ed inserite in un mare che non credevamo potesse esistere ancora in tanta bellezza.

Gallura

I ricordi di quella natura incontaminata e di quei colori che le piccole baie potevano contenere in tutte le tonalità dell'azzurro in un'acqua simile al cristallo, si riannodano ogni anno, anche se molte cose sono cambiate, tanto da farmi spesso temere l'omologazione di questo mare a quello della mia Liguria che ha ormai perso lo smalto che la natura le aveva generosamente donato.
Negli anni, passata l'ubriacatura di mare e di roccia, è stato naturale andare alla scoperta di questa terra selvaggia e forte anche percorrendola nel suo interno e trovando sempre lati nuovi ed affascinanti nei piccoli centri che stavano esplodendo, come Arzachena con le sue rocce di granito simili ad immensi funghi, ma anche visitando i resti dell'antica e misteriosa civiltà nuragica, in cui studiosi ed appassionati stavano scoprendo sconosciute energie vitali, che gli antichi abitanti utilizzavano da tempi remoti e che oggi fanno l'oggetto di un rinnovato interesse scientifico oltre che turistico.
Negli ultimi vent'anni in particolare ho infatti visto svilupparsi anche un entroterra che ha attirato molti alla ricerca di una nuova qualità di vita, lontana dalla mondanità a volte esagerata della Costa Smeralda. E lì i più attenti ai nuovi gusti, soprattutto quelli di raffinati stranieri in cerca di un vero contatto con una natura smagliante, hanno saputo creare vere oasi di pace, che alla bellezza del territorio hanno aggiunto tutte le comodità e l'eleganza di uno stile architettonico che si è sviluppato in armonia con i tipici "stazzu". Ho potuto così assistere negli anni all'inserimento armonioso di nuove architetture in un contesto granitico che, grazie alla forza del "maestrale", si può configurare come una galleria d'arte scultorea a cielo aperto. Vedi, ad esempio, il bellissimo borgo di San Pantaleo ed i suoi dintorni.
Nonostante dunque l'abitudine allo stupore devo confessare che l'ultima estate in Gallura mi ha dimostrato, una volta di più, che questa splendida terra, anche se si svela sempre con pudore, ha ancora molto da mostrare. L'occasione è stato un invito di amici a passare una serata in compagnia ad una cena all'aperto, ma non immaginavo che si aprisse ai miei occhi un mondo capace di emozionare anche chi, come me, pensava di conoscere bene le serate che la ben nota ospitalità sarda è capace di offrire agli invitati.
Intanto l'avvicinamento al posto, che si trova ad alcuni chilometri da Arzachena, si srotolava tra costoni e saliscendi della strada che costeggiava i tipici enormi mammelloni di granito che sembrano appena eruttati dalla terra, sempre uguali e sempre diversi. Al tramonto la linea delle colline si stagliava netta nella luce fortissima del sole che si stava nascondendo in una sinfonia di colori che seguivamo con meraviglia. Le indicazioni stradali recavano il nome di un agriturismo e lì pensavo ci dovessimo fermare, ma quando lo abbiamo superato ed ogni segno di case è scomparso, per lasciare spazio solo alla fantasia, quello che abbiamo trovato poco dopo e dove siamo stati accolti con grande naturalezza e semplicità superava di molto quanto potevamo immaginare.
Intanto l'ingresso ad una struttura, che si riusciva appena ad intravvedere dall'esterno in una oscurità che cominciava ad avvolgere il tutto, rischiarata solo da torce e lumi appesi agli alberi, era costruito sapientemente con l'uso di grandi pietre piatte di granito assolutamente naturali, che formavano enormi gradini allungati che si dirigevano verso un bel terreno verdeggiante dove erano stati sistemati i tavoli che ci dovevano accogliere sotto un olivastro centenario di rara e maestosa bellezza.
Ho seguito alcune persone che entravano in un ambiente molto ampio, sempre costruito con la sistemazione di grandi blocchi uniti tra di loro da muri a secco e vetri colorati, che insieme all'uso del legno creavano aperture ed anfratti dove erano sistemati i ricordi ed i segni dell'antica civiltà contadina tipica della Gallura. Nello spazio interno, vastissimo, tutto quello che poteva servire ad ospitare molta gente e a sfamarla degnamente era lì in bella vista e vi si affacendavano i padroni di casa e i loro amici.
Il tutto sotto una volta arcuata formata da un incrocio di tronchi e di rami di tutte le dimensioni portati al loro colore naturale, che illuminava con luci soffuse un ambiente dove non potevamo che restare a bocca aperta. Anche perché un lato di questo luogo magico, che rievocava ripari primordiali, ma, fatto per l'accoglienza e la comodità era completamente aperto sulla campagna ed inquadrava un'enorme roccia dalle forme arrotondate, scolpita in maniera tale da far invidia ai più grandi moderni scultori. Qualcuno ha suggerito il suo autore parlando di "vento divino".
Da quel momento molti altri particolari hanno continuato a stupirci e i padroni di casa ci hanno regalato quella sera non solo una cena fatta con i prodotti del loro orto e gli animali della loro terra, creando dei piatti che meriterebbero da soli una descrizione dettagliata in una rivista di alta gastronomia, ma hanno voluto annaffiare il tutto con i vini della Gallura e deliziarci anche con le armonie tipiche di un canto che ha fatto passare la cena quasi in secondo piano.
Insieme agli invitati erano presenti infatti cinque uomini abbigliati con un semplice costume gallurese, che ho saputo poi essere quello del coro di Aglientu, che da subito e per tutta la serata hanno usato le loro voci per farci scoprire i timbri musicali più profondi e tradizionali di un antico mondo quasi scomparso. Infatti piano piano, dopo aver provato insieme i diversi toni delle voci e i loro accordi, hanno dato origine, sia all'interno dello spazio fatto di rocce, di vetro e di legno, che all'esterno sotto il grande olivastro, ad armonie che ci hanno portato in una dimensione miracolosamente salvata dall'oblio dei nostri giorni.
Abbiamo a poco a poco sentito l'eco di una tecnica musicale capace di descrivere, toccando le corde più profonde del cuore, le cose della vita che sanno emozionare nella profondità del nostro intimo e dei nostri sentimenti. Per armonizzare le loro voci, dalle tonalità piene, dal basso al tenore, in questi canti chiamati a "su cuncordu", la voce del solista dà il tempo all'armonia che poi tutti insieme riescono ad esprimere, creando un suono unico fatto di potenza e vibrazioni. Ho avuto quella sera il grande privilegio di poterli ascoltare dall'interno di quel cerchio nel quale si posizionano e dove non solo le voci si cercano e si arricchiscono, ma dove anche gli occhi e le espressioni del viso ogni volta possono dare alla sinfonia una sfumatura diversa per esprimere, insieme a parole e musica, anche le mille sfumature dell'animo umano.
coro di AglientuGrazie a loro che mi hanno accolta nel "cerchio magico" ho vissuto un senso di elevazione e di proiezione in una dimensione che mi ha fatto sentire con intensità la forza della grandezza dell'uomo e del creato con la ricchezza dei doni che ci sono stati dati e di cui spesso non siamo consapevoli. Tra di loro, grandi appassionati di quest'arte, che si differenzia da quella più nota dei "tenores", ormai diventata patrimonio dell'umanità per il giusto riconoscimento dell'Unesco, e della musica polifonica, più recente ma altrettanto importante, ho avuto il piacere di trovare anche un giovane. Segno di un passaggio alle nuove generazioni di una splendida musicalità così poco conosciuta come tante altre di cui il nostro paese è ricco.
Come è ricco di un'umanità che riesce a stupire per le diverse strade che trova per fare opere di bene per chi ne ha bisogno, in nome di una religiosità profondamente sentita, che in quella serata straordinaria si è conclusa con un'offerta libera per scopi benefici, scelti dall'insieme dei presenti, dedicata in particolare ad una Madonnina, che faceva bella mostra nella grande stanza che ci ha accolti con tanta ospitalità.
Quella sera, il 10 di agosto, abbiamo visto una stella cadente lasciare la sua scia in un cielo terso e illuminato dalla luna, dove brillavano e palpitavano gli infiniti desideri che potremo esprimere, come quello di ritrovarci in questo luogo magico il prossimo anno e per tanti anni ancora.

di Maria Antonietta Porfirione Todaro
Consigliere fondazione Planet Life Economy Fondation (www.plef.org)